Una storia di famiglia

Laboratorio fiorentino

Roberto Giannini fa parte di quella generazione di artigiani che è entrata presto in bottega. Aveva 16 anni e allora fare il pellettiere, per un ragazzo, era un lavoro di prestigio, non troppo stancante, di quelli che la sera, quando si andava a ballare, “non ci si portava addosso l’odore della giornata o il grasso sotto le unghie”. Ha vissuto il periodo più fiorente dell’artigianato fiorentino, Roberto, quello degli anni ’80, in cui l’economia italiana stava crescendo e si affacciavano alla ribalta le grandi aziende. Ha lavorato per i clienti importanti, come Bruno Magli e Paolo Gucci, per le grandi griffe come Giorgiio Armani e Valentino Garavani, esportando in Giappone e negli Stati Uniti.

Poi arrivò l’11 settembre 2001 e il suo mondo dorato, come quello di tanti altri artigiani, crollò insieme alle Torri Gemelle. In un momento di grande difficoltà, in cui l’azienda rischiava di andare all aderiva, Roberto trovò tutto l’affetto e il sostegno della sua famiglia, a cominciare dalla moglie Mara, che cominciò ad occuparsi dell’amministrazione, facendo grandi sacrifici per rimettere a posto i conti. Leonardo, il figlio più grande, non si era mai sentito troppo coinvolto nel lavoro del babbo, occupandosene sempre con poca voglia; pensava più a divertirsi e a giocare a calcio. Ma nel momento del bisogno, cominciò a dare anima e corpo, a lottare come un leone, per far sì che tutto quello che i suoi genitori avevano creato non andasse perduto e nemmeno venisse snaturato con scelte che avrebbero potuto portare forse ad una ripresa più veloce.

E’ stato un percorso lento e molto duro, un percorso di trasformazione del lavoro, ma non del modo di lavorare. Nel laboratorio di Via Bartolini, Roberto ogni giorno stava dietro il grande banco di legno, con il pollice sempre sporco di colla, tra grandi rotoli di pellame, portafogli, borse, cinture e tanti accessori, ma soprattutto i sottopiatti che fanno bella mostra di sé sulle tavole dei più importanti ristoranti e alberghi di Firenze e di tutta Italia e che, in questi ultimi anni, sono diventati il valore aggiunto della ditta. Raccontava con un po’ di rimpianto i tempi passati , ma contento di come sia ripreso il lavoro e di sentirsi ancora un vero artigiano nel suo laboratorio, che ha sempre mantenuto i connotati di ditta famigliare; contento di aver insegnato ai suoi figli l’importanza del fatto a mano, del pezzo unico e dell’imperfezione, che per lui è sempre stata la cosa più bella.

Oggi si occupa di tutto Leonardo, con l’aiuto del fratello Tommaso e di Susy, la macchinista storica. Biondo, con i capelli lunghi, ha l’aspetto di una rockstar americana e lo sguardo un po’ malinconico di chi porta dentro di sé le cicatrici dei momenti difficili e il grande dolore e riconoscenza per mamma Mara e papà Roberto, scomparsi da poco ma per sempre presenti.

Il presente testo è tratto dal libro “Artigiani in Firenze” di Francesca Tofanari. Immagini di Nicoletta Paparella